27 Febbraio 2014

Voglio avere mio figlio da sola

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Sempre più donne senza un partner decidono di ricorrere alle tecniche di riproduzione assistita

È sempre più frequente che alcune donne decidano di avere un figlio da sole. Grazie alle tecniche di riproduzione assistita, oggigiorno, in Spagna, questa è un’opzione perfettamente possibile e legale.

Quando una donna inizia un trattamento di riproduzione assistita per ottenere la gravidanza, vive molteplici sensazioni. Senza dubbio, si tratta di un processo carico di emozioni. In questi momenti, è possibile che insorgano determinate incertezze: “E adesso…devo spiegare a tutti quello che sto per fare?”.

“Dinanzi a domande come questa, non vi è un’unica risposta”, afferma Cristina Rico, psicologa di Eugin. “Il fatto di condividerlo o meno con i nostri cari è una decisione personale che bisogna prendere pensando a cosa ci faccia stare meglio”, spiega. Per alcune donne, condividere questo processo con persone vicine quali familiari e amici, può essere un sollievo, poiché si vive come un supporto su cui contare durante il trattamento. Altre, invece, preferiscono aspettare il risultato del trattamento prima di dare spiegazioni.

Scegliere attentamente a chi raccontarlo

Nel caso delle donne che decidono di condividere il trattamento con i propri cari fin dal principio, gli esperti sottolineano l’importanza di individuare le persone con una maggiore capacità di ascoltare e di mettersi nei nostri panni, che riescano a capire il nostro desiderio e progetto di maternità e con cui ci abbiamo più facilità di dialogo per raccontare la nostra decisione.

Una volta terminato il trattamento, se si ottiene la gravidanza, può sorgere il dubbio di comunicarlo alle persone che non sono ancora a conoscenza del progetto di maternità.

Secondo la psicologa, “bisogna aver ben chiaro che il concepimento di un bambino è un processo che fa parte dell’intimità della donne. È importante ricordare che sono loro a decidere cosa raccontare e con quali particolari.” “Inoltre”, aggiunge Cristina Rico, “non è sempre necessario fornire il medesimo livello di informazioni a tutti: in base alle persone che abbiamo davanti, al tipo di rapporto, la confidenza e la vicinanza, possiamo raccontarlo in un modo piuttosto che in un altro”.

Preparare una risposta per far fronte ai timori

Se prepariamo in anticipo le risposte alle possibili domande che ci potrebbero formulare e abbiamo ben chiaro quale sarà il nostro ragionamento, saremo più pronte quando arriva il momento di raccontare. “Quando si tratta di comunicarlo a persone poco vicine, quali conoscenti e colleghi di lavoro, può essere utile un discorso con cui la donna si senta a proprio agio. In questo modo, si evita il nervosismo e le improvvisazioni che, a volte, possono giocarci brutti scherzi”, conclude la psicologa Cristina Rico.

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