L’OMS indica in modo molto chiaro che l’infertilità rappresenta una vera e propria patologia. Come tale deve pertanto essere trattata specialmente nell’ambito della Procreazione Medicalmente Assistita, tenendo conto che le coppie affette da questa condizione hanno diritto alle cure esattamente come qualunque altro tipo di paziente.
Contestualmente, va ricordato che curare i pazienti affetti da sterilità presuppone la creazione di determinate condizioni che rendano possibile la risoluzione della problematica.
Proprio per questa ragione, il governo italiano ha istituito un tavolo tecnico che si propone di affrontare le principali problematiche legate all’infertilità e ai trattamenti di fecondazione assistita, considerando in particolare l’istituzione di un rimborso pari a circa mille euro per le donazioni in ambito di PMA. Tale procedura replicherebbe quanto già avviene in Spagna, e avrebbe l’obiettivo di offrire ai pazienti affetti da sterilità una possibilità di cura concreta proprio attraverso la donazione.
È questa, a mio avviso, la premessa da fare quando si parla di donazione di ovociti, e quindi delle donne che scelgono di rendersi protagoniste di un gesto così generoso, talvolta frainteso ed erroneamente ritenuto come motivato dalla volontà di facili guadagni.
Ma quali sono le ragioni che spingono a donare i propri ovociti? Ed esistono rischi per la salute delle donatrici?
Se prendiamo come esempio la Spagna, ci troviamo di fronte a una nazione caratterizzata da una vera e propria cultura della donazione – tanto da classificare il Paese come primo al mondo nella donazione e nel trapianto di organi, con un tasso di 35 donatori per milione di abitanti (contro una media europea di 19). La generosità delle donatrici di ovociti spagnole è quindi la prima e più importante motivazione che le spinge al gesto, di fatto contribuendo a realizzare il sogno di moltissime coppie che desiderano ottenere una gravidanza.
In Spagna è inoltre presente un registro dei donatori gestito dal Ministero della Salute: si chiama SIRHA. Prima di iniziare qualunque trattamento di PMA, ogni clinica l’obbligo di trasmettere i dati dei donatori mediante questo registro così come quello di verificare quante donazioni siano state effettuate in precedenza dalla stessa donatrice o donatore.
Le cliniche hanno altresì l’obbligo di verificare, sempre attraverso il medesimo registro, che la donazione da parte della stessa persona non abbia dato vita a un numero di bebè superiore a sei. Si tratta di un limite molto preciso posto dalla legislazione spagnola e che viene potenzialmente raggiunto anche solo con una o due donazioni. La singola procedura di donazione può infatti comportare la raccolta di milioni di spermatozoi e di un numero elevato di ovociti e, per ottenere un embrione, possono essere sufficienti un solo ovocita e un solo spermatozoo.
Per quanto riguarda invece la rigorosa selezione delle donatrici, che comporta un’attenta analisi della storia medica, una serie di esami e approfondimenti molto scrupolosi, presso le cliniche Eugin soltanto un terzo delle candidate finisce col riuscire a superarla.
Sommario
La crioconservazione degli ovociti in caso di patologie: ci sono rischi per la paziente?
Discorso a parte va fatto per la crioconservazione di ovuli da parte di donne affette da particolari patologie – come ad esempio un tumore. In questo caso, la scelta è motivata essenzialmente dalla volontà più che comprensibile di posticipare la gravidanza a un momento più sereno.
La possibilità di crioconservare i propri gameti va considerata come molto importante per tutti i pazienti oncologici, che spesso vengono colpiti dalla malattia in età fertile o addirittura adolescenziale. È in tal senso auspicabile che tale opportunità venga offerta da Servizio Sanitario Nazionale e che venga estesa anche a pazienti con malattie croniche che possono determinare sterilità (come ad esempio l’endometriosi).
Per quanto concerne i pericoli legati al prelievo di ovociti, va precisato che le terapie impiegate per la stimolazione ormonale sono personalizzate e che il rischio di iperstimolazione, oltre a essere minimo, è costantemente monitorato attraverso esami ecografici a scadenze precise. Inoltre, gli ormoni impiegati per la stimolazione sono inoltre gli stessi che il corpo femminile produce in maniera naturale.
E il rischio oncologico legato alla fecondazione in vitro?
Numerosi studi scientifici confermano che le pazienti che si sottopongono a trattamenti di procreazione medicalmente assistita non sono esposte a un rischio aumentato. Pertanto, in totale mancanza di evidenze scientifiche, possiamo classificare la correlazione tra PMA e tumori come una fake news risultato di mancanza di educazione sull’argomento.
La salute dei bambini nati con PMA non è peggiore di quella dei bebè nati in modo naturale
Infine, vale la pena spendere qualche parola in merito all’idea che i bimbi nati con la fecondazione assistita rischino di presentare maggiori problematiche di salute rispetto a bebè nati con una gravidanza ottenuta in modo naturale. Va ricordato in tal senso che è la condizione di sterilità – e non le terapie che cercano di trattarla – a rappresentare una condizione di rischio aumentato per la salute dei nascituri.
Esistono studi che dimostrano che l’insorgenza di una gravidanza spontanea in coppie definite sub-fertili (cioè con una ricerca di prole infruttuosa da più di 12-18 mesi) è connessa a un aumentato rischio nei nascituri – seppur di modesta entità.
In linea generale, lo stato di salute dei bambini nati da trattamenti di PMA non differisce in modo significativo da quello riscontrato nei bambini nati con concepimento spontaneo, come confermato da una vastissima letteratura scientifica in materia.
In casi particolari, per esempio nel caso di impiego di spermatozoi prelevati direttamente dal testicolo oppure laddove la paziente presenti un’età avanzata (superiore ai 38 anni), i rischi connessi a una gravidanza ottenuta tramite PMA sono analoghi a quelli legati a una gravidanza insorta spontaneamente nella stessa classe di età, con una documentata percentuale di rischio di problematiche di salute per il nascituro.
Nuovamente, quindi, il collegamento tra questi rischi e il ricorso alla PMA è da considerarsi il risultato di un’analisi superficiale delle cause per cui questi fenomeni si presentano, legati ai meccanismi fisiologici della gametogenesi, e non alle tecniche di fecondazione assistita impiegate.